Terapia dell’osteoporosi: luci e ombre del 2016

Terapia dell’osteoporosi: luci e ombre del 2016

Un anno tutto sommato positivo quello appena trascorso sul fronte della terapia dell’osteoporosi (OP). Nonostante il mancato arrivo sul mercato di nuovi farmaci per la cura di questa condizione, e qualche delusione proveniente dai nuovi farmaci, l’anno appena trascorso è stato caratterizzato dalla pubblicazione di dati interessanti sia sull’impiego a lungo termine di farmaci già in uso, che di due farmaci sperimentali prossimi alla registrazione per l’impiego nell’osteoporosi.
 
Ecco qui una breve rassegna dei dati principali pubblicati al riguardo nel corso del 2016.
 
La delusione del 2016: interrotto lo sviluppo clinico di odanacatib per il rischio di ictus
Odanacatib, inibitore della catepsina K, è stato ritirato da Merck and Co. (in Italia nota come MSD) dopo la pubblicazione di report suggestivi di un incremento dell’incidenza di ictus, in base ai dati provenienti da ampi trial clinici.
 
Considerando uno di questi, noto con l’acronimo LOFT (the Long-Term Odanacatib Fracture Trial), iniziato nel 2007, che aveva reclutato più di 16.000 donne in post-menopausa affette da OP, provenienti da 387 dislocati in 40 paesi, è emerso, da un’analisi di safety, un incremento del rischio di ictus pari al 32% (HR=1,32; IC95%= 1,02-1,7; p=0,03) a seguito dell’impiego di questo inibitore della catepsina K (1).
 
Nello specifico, durante la fase in doppio cieco del trial, sono stati registrati 240 eventi di ictus, mentre nella fase di estensione a lungo termine, che ha incluso più di 8.000 donne delle 16.000 iniziali, è stato documentato un ulteriore incremento del numero di eventi ictali a 324 (HR=1,37; IC95%= 1,1-1,71; p=0,005).
 
I risultati della review presentata nel corso del congresso annuale ASBMR (American Society for Bone and Mineral Research) sull’efficacia del trattamento erano stati positivi: le partecipanti al trial LOFT erano state randomizzate al trattamento con odanacatib, 50 mg in monosomministrazione settimanale, o a placebo e risultati a più di 5 anni di follow-up avevano documentato una riduzione del rischio relativo di fratture vertebrali, di femore, non-vertebrali e cliniche vertebrali pari, rispettivamente, al 52%, 48%, 26% e 67% (p<0,001 per tutti i confronti vs placebo) (1).
 
Nonostante questi dati di efficacia molto positivi, Merck, all’inizio del mese scorso, ha comunicato la sospensione del programma di sviluppo clinico di odanacatib in ragione delle conferme di un rischio aumentato di ictus a seguito dell’impiego dell’inibitore di catepsina K (2).
 
Si conclude, così, la storia di un farmaco sul quale erano state riposte molte speranze come trattamento innovativo dell’OP.
 
La conferma del 2016: denosumab funziona anche nel lungo termine
Nel corso del 2016 sono stati pubblicati anche i risultati relativi alla fase di estensione del trial FREEDOM; relativi all’impiego per più di 10 anni di denosumab inibitore di RANKL, che hanno documentato miglioramenti progressivi in termini di densità minerale ossea al rachide e al femore, il mantenimento di tassi fratturativi ridotti e l’assenza di nuovi segnali di safety.
 
Nello specifico, un poster presentato nel corso dell’ultimo congresso dell’ACR (American College of Rheumatology) ha mostrato che l’incidenza cumulativa di fratture a 10 anni, nelle pazienti trattate con denosumab, era inferiore alla probabilità attesa di andare incontro a frattura secondo l’algoritmo FRAX (10,75% vs 16,42% per le fratture osteoporotiche maggiori; 1,17 vs 6,14% per quelle di femore) (3).
 
In un altro studio di Fase III presentato nel corso dello stesso congresso (4), condotto in 800 pazienti in trattamento con GC e a rischio di frattura, è stato osservato che il trattamento con denosumab era associato ad incrementi di densità minerale ossea maggiori di quelli osservati a seguito del trattamento con risedronato.
 
Come è noto, l’OP indotta da GC rappresenta la causa secondaria più comune di OP e i dati ottenuti in questo studio presentato nel corso del congresso ACR suffragano la possibilità d’impiego di questo farmaco come opzione terapeutica alternativa per quei pazienti che iniziano o continuano un trattamento a base di GC e che sono a rischio di frattura.
 
Le speranze del 2016: abaloparatide e romosozumab
Per quanto nel corso dell’anno appena trascorso non siano stati approvati nuovi farmaci per la terapia dell’OP, sono stati pubblicati nuovi dati relativi a due nuovi farmaci anabolici che fanno ben sperare in una loro prossima approvazione all’impiego nel trattamento di questa condizione.
 
Abaloparatide è un farmaco osteoanabolico che permette di aumentare la massa e la robustezza ossea, nonché di ripristinare la microarchitettura trabecolare persa in presenza di OP.
 
Nel corso del congresso annuale dell’ASBMR, sono stati presentati i risultati di ACTIVE (5), uno studio di Fase III sull’impiego di questo farmaco che aveva reclutato 2.643 donne, molte delle quali con prevalenza di frattura vertebrale o fratture non vertebrali pregresse.
 
Queste sono state randomizzate al trattamento sottocute con abaloparatide (80 µg/die), teriparatide (20 µg/die), o placebo per 18 mesi.
 
Il risultato principale di questo trial è stata la consistente riduzione del rischio relativo di nuove fratture vertebrali nel gruppo trattato con abaloparatide rispetto a placebo (HR=0,14; IC95%= 0,05-0,39, P<0,001).
 
Lo studio presentato nel corso del congresso ASBMR e, al contempo, pubblicato su JAMA, ha anche documentato che il tasso stimato di eventi di frattura non vertebrale era pari al 2,7% nel gruppo trattato con abaloparatide rispetto al 4,7% nel gruppo placebo (HR=0,57; IC95%= 0,32-1, P=0,049).
Romosozumab, invece, è un anticorpo che si lega, inibendola, alla sclerostina. In questo modo il risultato netto che si ottiene è quello di un incremento dei processi di formazione possa a scapito di quelli di riassorbimento osseo.
 
In uno studio di Fase III, anch’esso presentato al congresso annuale ASBMR e pubblicato su NEJM, lo studio FRAME, è stata documentata una riduzione del rischio relativo di nuove fratture vertebrali del 73% in donne trattate per un anno con romosozumab rispetto al placebo.
 
Entrando nello specifico, lo studio in questione ha randomizzato 7.180 donne al trattamento sottocute con romosozumab o con placebo a cadenza mensile per un anno. Successivamente, tutte le pazienti sono entrate nella fase in aperto dello studio, anche’essa della durata di un anno, che prevedeva il trattamento con denosumab, 60 mg ogni 6 mesi.
 
L’incidenza di fratture vertebrali a 12 mesi è stata pari allo 0,5 nelle pazienti trattate con romosozumab rispetto all’1,8% di quelle trattate con placebo (p<0,001). Lo studio ha documentato anche una riduzione del 36% dell’incidenza di fratture cliniche nel gruppo sottoposto a trattamento attivo, con un’incidenza di fratture pari all’1,6% rispetto al 2,5% nel gruppo placebo (p=0,008).
 
Bibliografia
1) McClung M, et al “Odanacatib efficacy and safety in postmenopausal women with osteoporosis: 5-year data from the extension of the phase 3 long-term odanacatib fracture trial (LOFT)” ASBMR 2016; Abstract 1099.
2) http://www.pharmastar.it/index.html?cat=search&id=22210
3) Siris E et al. Denosumab Treatment for 10 Years in Postmenopausal Women with Osteoporosis Was Associated with Substantially Lower Fracture Incidence Relative to Their Baseline FRAX-Predicted Probability [abstract]. Arthritis Rheumatol. 2016; 68 (suppl 10).
4) Saag K et al. Effect of Denosumab Compared with Risedronate in Glucocorticoid-Treated Individuals: Results from the 12-Month Primary Analysis of a Randomized, Double-Blind, Active-Controlled Study [abstract]. Arthritis Rheumatol. 2016; 68 (suppl 10).
5) Lewiecki E, et al “Abaloparatide-SC is an effective treatment option for postmenopausal osteoporosis: review of the number needed to treat compared with teriparatide” ASBMR 2016; Abstract MO0280.
6) Miller PD et al. Effect of Abaloparatide vs Placebo on New Vertebral Fractures in Postmenopausal Women With OsteoporosisA Randomized Clinical Trial. JAMA. 2016;316(7):722-733. doi:10.1001/jama.2016.11136
7) Cosman F, et al “Fracture risk reduction with romosozumab: rsults of the phase 3 FRAME study (FRActure study in postmenopausal woMen with ostEoporosis)” ASBMR 2016; Abstract 1096.
8) Cosman F et al. Romosozumab Treatment in Postmenopausal Women with Osteoporosis. N Engl J Med 2016; 375:1532-1543October 20, 2016DOI: 10.1056/NEJMoa1607948




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