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11/11/2025

Fratture vertebrali nella osteomielite cronica non batterica: una nuova frontiera nella fragilità ossea infiammatoria

L’osteomielite cronica non batterica (CNO) è una rara condizione autoinfiammatoria dell’osso, caratterizzata da dolore cronico e infiammazione sterile, talvolta con andamento multifocale e recidivante [1]. In questa condizione, l’iperproduzione di citochine, come IL-1β e IL-10, culmina in una attivazione incontrollata degli osteoclasti [2]. La CNO si associa spesso a manifestazioni extra-ossee, quali artrite periferica e assiale, psoriasi, pustolosi palmo-plantare e infiammazione intestinale [3]. Persistono tuttavia numerosi dubbi clinici e non solo nel contesto della CNO, tra cui una patogenesi ancora poco chiarita, un approccio terapeutico scarsamente standardizzato e una scarsa conoscenza dell’evoluzione e degli esiti a lungo termine della malattia.

Lo studio “CAMELOT” (Chronic non-bActerial osteoMyELitis: A mOnocentric regisTry), condotto da Chighizola e colleghi, offre un’analisi approfondita della salute ossea e della prevalenza di fratture vertebrali in pazienti pediatrici e giovani adulti affetti da CNO.

Lo studio monocentrico e retrospettivo si basa su una coorte di 51 pazienti seguiti presso l’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano tra il 2004 e il 2024. L’età media alla diagnosi era di 11,1 ± 4,2 anni, con prevalenza femminile (69%). Il 39% dei soggetti presentava comorbidità autoimmuni (celiachia, tiroiditi, artriti, psoriasi), riflettendo il continuum tra infiammazione ossea sterile e autoimmunità sistemica.

La forma multifocale era nettamente predominante (86%, mediana di 4 lesioni ossee), mentre il dolore osseo costituiva la manifestazione comune, frequentemente notturno e a decorso recidivante.

Uno dei dati più importanti riguarda l’incidenza di fratture vertebrali: il 27,4% dei pazienti presentava una frattura vertebrale già all’esordio, valore nettamente superiore alle percentuali (5–13%) riportate nelle coorti europee e nordamericane. Le fratture coinvolgevano prevalentemente le vertebre toraciche (86%) e, più raramente, quelle cervicali, mentre in nessun caso si è evidenziato un coinvolgimento lombare. Sebbene nessun paziente abbia sviluppato deficit neurologici, le deformità strutturali (scoliosi e cifosi secondaria) erano frequenti. Invece, le fratture non vertebrali interessavano il 7,8% dei soggetti.

La valutazione densitometrica, eseguita in 14 pazienti (27%), ha evidenziato una densità minerale ossea (BMD) mediamente ridotta (Z-score −1,1 ± 1,2) e una condizione di “low BMD for age” (Z < −2) in circa un terzo dei casi. Questi pazienti mostravano valori di VES e PCR significativamente più elevati e un numero maggiore di lesioni ossee, suggerendo un effetto negativo della flogosi cronica sull’intera massa ossea.

L’analisi ha inoltre evidenziato una relazione inversa tra numero di lesioni e la BMD (ρ = −0.63, p = 0.016), ma non è emersa una correlazione tra Z-score e presenza di fratture vertebrali, suggerendo che le fratture derivino più da osteite locale che da riduzione sistemica della massa ossea.

Nei soggetti già trattati con bisfosfonati prima della DXA, la densità ossea risultava normale e non si sono osservate nuove fratture, supportando l’effetto anti-fratturativo di questi farmaci anche in questo contesto.

I pazienti con fratture vertebrali hanno ricevuto più frequentemente bisfosfonati endovena con risultati clinici favorevoli: remissione del dolore nel 55% dei casi e risoluzione radiologica nel 10%. Questi dati confermano l’utilità dei bisfosfonati nel controllo dell’attività infiammatoria e nella prevenzione della deformità vertebrale.

Lo studio CAMELOT fornisce un contributo importante alla comprensione della fragilità ossea secondaria a processi autoinfiammatori. La diagnosi di CNO deve essere considerata nel work-up dei bambini e adolescenti con fratture vertebrali “inspiegate” o dolore osseo persistente, anche in assenza di alterazioni biochimiche significative. La DXA rappresenta un utile strumento di monitoraggio, ma può essere integrata in futuro dal trabecular bone score per una valutazione più accurata della microarchitettura.

Inoltre, in un’epoca in cui le osteopatie infiammatorie rappresentano un paradigma emergente di “osteoporosi secondaria”, la CNO costituisce un modello clinico utile per studiare le interazioni tra immunità innata, osteoclastogenesi e perdita di massa ossea.

Commento all’articolo: Chighizola CB, Di Taranto R, Amati A, Pireddu D, Costi S, Baldo F, Crotti C, Trezza P, Armiraglio E, Bartoli MS, Varenna M, Memeo A, Bastoni S, Marino A, Parafioriti A, Caporali R. Vertebral fractures and bone health in patients with chronic non-bacterial osteomyelitis at disease onset: insights from the monocentric CAMELOT cohort. Ther Adv Musculoskelet Dis. 2025 Oct 14;17:1759720X251375183. doi: 10.1177/1759720X251375183..

Bibliografia:

1) Girschick H, Finetti M, Orlando F, et al. The multifaceted presentation of chronic recurrent multifocal osteomyelitis: a series of 486 cases from the Eurofever international registry. Rheumatology 2018; 57: 1203–1211.

2) Koné-Paut I, Mannes I and Dusser P. Chronic recurrent multifocal osteomyelitis (CRMO) and Juvenile Spondyloarthritis (JSpA): to what extent are they related? J Clin Med 2023; 12: 453.

3) Hetrick R and Oliver M. Pediatric autoinflammatory bone disorders—a mini review with special focus on pathogenesis and inborn errors of immunity. Front Pediatr 2023; 11: 1169659.