Come si cura l’osteoporosi?

L’osteoporosi è una malattia dalla quale non si può guarire. Tuttavia, si può fare qualcosa, oltre che per prevenirla, anche per rallentarne o arrestarne la progressione. In alcuni casi, i trattamenti disponibili permettono addirittura di aumentare la densità dello scheletro e, in una certa misura, di invertire la tendenza alla perdita di massa ossea.

Terapie farmacologiche

Esistono diversi farmaci approvati per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi. Spetta al medico scegliere caso per caso il più adatto alle esigenze di ogni singolo paziente, tenendo conto del sesso (ci sono medicinali approvati solo per le donne e altri approvati per entrambi i sessi), dell’età (per esempio, alcuni sono più indicati per le donne in post-menopausa giovani, altri per quelle più anziane), della gravità dell’osteoporosi, presenza di ulteriori fattori di rischio (per esempio il rischio di cadute) e delle comorbilità del paziente (alcuni farmaci sono controindicati in condizioni cliniche particolari)..

Sostanzialmente, i farmaci efficaci nella terapia dell’osteoporosi possono essere suddivisi in tre categorie:

  • agenti anti-riassorbitivi: riducono il riassorbimento osseo, rallentando o fermando la perdita di osso e preservando la densità ossea;
  • agenti anabolici: stimolano la formazione di nuovo osso, aumentando la BMD;
  • agenti con doppio meccanismo: inibiscono debolmente il riassorbimento osseo e stimolano debolmente la neoformazione ossea.

Farmaci anti-riassorbitivi
Appartengono a questa categoria:

  • i bisfosfonati;
  • il denosumab;
  • la terapia ormonale sostitutiva (TOS);
  • i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM).

I bisfosfonati rappresentano attualmente il caposaldo della terapia farmacologica dell’osteoporosi. Sono potenti inibitori del riassorbimento osseo e inibiscono l’attività degli osteoclasti. Tutti i bisfosfonati approvati hanno dimostrato di ridurre il rischio di fratture vertebrali e aumentare la densità minerale ossea, mentre alcuni hanno dimostrato la loro efficacia anche nella riduzione del rischio di fratture non vertebrali e di fratture all’anca.

Si assumono per bocca con somministrazioni giornaliere, settimanali o mensili (alendronato, risedronato e ibandronato) o per via endovenosa ogni 3 mesi (ibandronato) o una volta all’anno (zoledronato). Inoltre, l’effetto antiriassorbitivo dei bisfosfonati persiste anche dopo la loro sospensione.

Grazie alla loro comprovata efficacia e alla tossicità limitata, questi agenti sono considerati l’opzione terapeutica di prima linea per molti pazienti.

Per i bisfosfonati orali, gli effetti collaterali più frequenti sono a carico del tratto gastrointestinale superiore e possono manifestarsi soprattutto con epigastralgia. L’assunzione del farmaco in maniera corretta (con tanta acqua, rimanendo con il busto eretto) limita fortemente questo effetto collaterale. In caso di comparsa di questi disturbi dopo l’inizio di una terapia con bisfosfonati orali è necessario segnalarlo al proprio medico curante.
Per quanto riguarda i bisfosfonati endovena, circa il 10% della popolazione trattata presenta nelle 24-36 ore dopo la prima infusione sintomi simili a quelli dell’influenza (febbre, dolori muscolari e ossei) che vanno trattati con farmaci sintomatici, ma non pregiudicano il proseguimento della cura. Non possono essere utilizzati, invece, in pazienti con problemi renali gravi. In casi rari e se utilizzati in modo prolungato, si sono associati a effetti collaterali gravi, tra cui l’osteonecrosi della mandibola e le fratture atipiche del femore.

L’osteonecrosi della mandibola è una infezione dell’osso dovuta a dei germi che sono molto frequenti nel cavo orale in seguito a un intervento odontoiatrico invasivo o a estrazione di un dente. È stato osservato che una terapia antibiotica in caso di estrazione dentale e una corretta igiene orale sono le misure più efficaci per evitare questa rarissima complicanza.

Le fratture atipiche (così definite perché si verificano in una sede non tipica per l’osteoporosi e cioè lungo la diafisi del femore) possono verificarsi dopo periodi prolungati (anni) di terapia con questi farmaci e in pazienti con condizioni predisponenti (altre malattie concomitanti o uso di particolari farmaci). qualora un paziente in trattamento da tempo con bisfosfonati avverta la comparsa di dolore a metà della coscia, è importante che lo segnali al medico. La possibilità che si manifestino questi effetti collaterali in caso di assunzione prolungata di bisfosfonati ha portato i medici a riconsiderare la durata della terapia con bisfosfonati e la necessità di sospenderli per un certo periodo, per poi riprendere il trattamento.

Il denosumab è un anti-riassorbitivo molto potente. Si tratta di un anticorpo monoclonale che agisce contro il cosiddetto ligando di RANK (RANKL), uno dei composti che costituiscono la superfamiglia del fattore di necrosi tumorale, essenziali per il riassorbimento osseo. In particolare, il farmaco si lega fortemente e in modo specifico al RANKL, bloccando l’interazione tra RANKL e RANK sugli osteoclasti, e inibendo così la differenziazione, l’attivazione e la sopravvivenza di queste cellule responsabili del riassorbimento osseo.

Denosumab si somministra mediante un’iniezione sottocute due volte all’anno e, a differenza di quanto accade con i bisfosfonati, il suo effetto anti-riassorbitivo cessa quando si sospende la terapia.

Negli studi clinici, questo farmaco ha dimostrato un’efficacia significativa nella riduzione del rischio di fratture vertebrali, non vertebrali e di femore, superiore a quella di altri agenti anti-riassorbitivi. Anche con il denosumab sono stati segnalati rari casi di osteonecrosi della mandibola e di fratture atipiche di femore.

La terapia ormonale sostitutiva (TOS) può consistere nell’assunzione di estrogeni da soli o in combinazione con altri ormoni sessuali (progestinici). Questo trattamento rallenta il turnover osseo e aumenta la densità minerale ossea in tutti i distretti scheletrici nelle donne in post-menopausa di qualunque età.

L’efficacia della TOS nella prevenzione delle fratture è stata valutata in diversi studi, tra cui quelli della Women’s Health Initiative (WHI), lo studio HERS e lo studio WISDOM. Nel complesso, queste ricerche hanno dimostrato che la TOS è in grado di ridurre il rischio di frattura da fragilità del 20-35%. Tuttavia, si è visto che sospendere la TOS porta a un’accelerazione del turnover osseo, una riduzione della massa ossea e, alla fine, a una perdita dell’efficacia anti-fratturativa. A ciò si aggiunge il fatto che la protezione contro le fratture si ottiene a spese di un aumento del rischio di diverse problematiche, tra cui eventi cardiovascolari e cancro al seno e all’utero.

Per queste ragioni, la TOS non è considerata la scelta terapeutica ottimale per le donne in post-menopausa, specie quelle più anziane. Tuttavia, una TOS di breve durata è ritenuta un’opzione praticabile nelle donne in post-menopausa più giovani, con sintomi menopausali (come le vampate di calore) e che non presentino controindicazioni all’uso di questa terapia.

I modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM) hanno la capacità di legarsi ai recettori degli estrogeni in tutto il corpo e di agire come agonisti o antagonisti di questi ormoni sessuali a seconda dell’organo.

Un SERM utilizzato per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi è il raloxifene (60 mg al giorno), che ha dimostrato di rallentare il turnover osseo e di aumentare la BMD a livello della colonna lombare e del collo del femore. Inoltre, il farmaco si è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di fratture vertebrali, ma non di fratture di femore; tuttavia, possiede il valore aggiunto di ridurre il rischio di cancro al seno, senza avere effetti deleteri sull’utero. Sul fronte della sicurezza, non sembra aumentare il rischio di eventi cardiovascolari (anzi, in alcuni gruppi può anche ridurre il rischio di infarto miocardico o angina instabile), ma, al pari della TOS, aumenta quello di trombosi. Gli effetti collaterali più comuni, tuttavia, sono meno gravi e rappresentati dalla comparsa di crampi muscolari e dalla comparsa o peggioramento dei sintomi della menopausa, quali le vampate di calore.

Un altro SERM disponibile è il bazedoxifene (20 mg al giorno). Questo farmaco diminuisce il turnover osseo in misura simile al raloxifene, aumenta la BMD della colonna vertebrale e previene la perdita di massa ossea a livello dell’anca; inoltre, riduce il rischio di fratture vertebrali in modo simile al raloxifene. Negli studi su donne in post-menopausa affette da osteoporosi, ad alto rischio di frattura, il bazedoxifene ha mostrato di ridurre, oltre al rischio di fratture vertebrali, anche quello di tutte le fratture cliniche del 30%. Gli effetti collaterali sono simili a quelli osservati in corso di terapia con raloxifene. Recentemente, si è resa disponibile un’associazione di bazedoxifene con terapia estrogenica che ha dimostrato di limitare alcuni effetti collaterali, come le vampate di calore

Farmaci anabolici
Sebbene tra non molto avremo a disposizione nuove molecole, al momento appartiene a questa categoria solo il teriparatide.
Il teriparatide è un frammento dell’ormone paratiroideo umano, prodotto con tecniche di ingegneria genetica. Questo farmaco è approvato per il trattamento dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa e negli uomini ad alto rischio di frattura. Inoltre è approvato per il trattamento dell’osteoporosi nelle donne e negli uomini che sono in terapia prolungata con steroidi.

Il teriparatide stimola efficacemente la formazione di nuovo osso. Dal momento che il farmaco aumenta fortemente la BMD della componente trabecolare dell’osso, l’aumento maggiore della densità ossea nei pazienti che la assumono si osserva a livello della colonna vertebrale, dove questa componente dell’osso è più rappresentata. Inoltre, ha dimostrato di ridurre in modo significativo il rischio di fratture sia vertebrali sia non vertebrali, ma non il rischio di frattura di femore.

Il farmaco si somministra mediante iniezione sottocutanea quotidiana con una penna pre-riempita e può essere assunto per un massimo di 2 anni. Al momento della sospensione si può avere una perdita significativa di massa ossea; per prevenirla e mantenere i benefici del trattamento con teriparatide, è raccomandato utilizzare un farmaco anti-riassorbitivo al termine del trattamento. Durante il periodo della cura, contrariamente a quanto accade per altri trattamenti, il medico vi chiederà di effettuare alcuni esami del sangue e, talvolta, delle urine per monitorare la sicurezza del farmaco.

L’utilizzo di teriparatide è stato limitato a soli 2 anni.

Altri tipi di trattamenti

In presenza di una semplice osteopenia o di un’osteoporosi non grave il medico potrebbe prescrivere solo supplementi di calcio e vitamina D. In caso di osteoporosi conclamata (quando la densità ossea è molto bassa e/o c’è già stata una frattura), tuttavia, per garantire una protezione adeguata questi integratori da soli non sono sufficienti e diventa indispensabile una terapia farmacologica.

I supplementi di calcio e vitamina D, comunque, vanno sempre abbinati ai farmaci in quanto è dimostrato che sono necessari per massimizzarne l’efficacia.

Inoltre, entrambi questi interventi (integratori e farmaci) devono essere sempre associati a uno stile di vita adeguato per la salute dell’osso (dieta ricca di latte e latticini, attività fisica regolare, giusto peso forma, limitare l’alcol, no al fumo).

 

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