Effetto della supplementazione con vitamina D sui markers di metabolismo osseo in pazienti con insufficienza renale cronica

Effetto della supplementazione con vitamina D sui markers di metabolismo osseo in pazienti con insufficienza renale cronica

I pazienti con insufficienza renale cronica (IRC) presentano alterazioni del metabolismo fosfo-calcico che possono avere importanti conseguenze a carico dell’osso per cui comunemente si cerca di attuare varie strategie terapeutiche per cercare di limitare gli effetti dannosi. Lo studio recentemente pubblicato sul Journal of Bone and Mineral Research da Yadav A. K. e coautori (1) ha mostrato come, i pazienti con IRC allo stadio 3-4 (GFR 59-15 ml/min), presentino ancora una risposta, in termini di attivazione dell’idrossilazione renale della vitamina D, al trattamento con alte dosi di colecalciferolo e ne descrivono gli effetti sul turnover osseo e su alcuni parametri del metabolismo fosfo-calcico.
 
Lo studio è stato condotto in doppio cieco su 117 pazienti tutti con insufficienza vitaminica D (< 20 ng/mL). Tali soggetti sono stati randomizzati ad assumere colecalciferolo (600.000 UI al basale e dopo 8 settimane) o placebo. La valutazione biochimica è stata effettuata dopo 8 settimane dalla seconda somministrazione. Dallo studio sono stati esclusi i pazienti con diabete mellito.
 
I dati mostrano come i livelli di PTH, fosfatasi alcalina attività totale (SAP), fosfatasi alcalina isoenzima osseo (BAP), frammento C-terminale del collagene di tipo 1 (CTX) si riducano in modo statisticamente significativo nel gruppo trattato con colecalciferolo rispetto al gruppo trattato con placebo (rispettivamente di 100.7 pg/mL, p<0.001; di 20 U/l, p=0.008; di 12.5 U/l, p=0.013; 0,21 ng/mL, p=0,05) mentre i livelli di 25OHD, 1-25(OH)2D e della calcemia aumentino in modo statisticamente significativo (rispettivamente di 58.4 nmol/L, p<0001; di 37.4 pmol/L, p=0.007; di 0.17 mmol/L, p=0.001). Non vi sono state variazioni statisticamente significative del filtrato glomerulare, FGF-23 e fosforemia anche se quest’ultima ha quasi raggiunto la significatività statistica (0.16 mmol/L, p=0.07).
 
L’analisi di correlazione tra la variazione dei livelli di 25OHD al basale e dopo 16 settimane con quella degli altri markers mostra un’associazione diretta con la 1-25(OH)2D (r=0.305, p=0.001), la fosforemia (r=0.220, p=0.019) e la calcemia (r=0.199, p=0.05) e una inversa con il PTH (r=0.403, p<0.0001), la SAP (r=-0.301, p=0.002), la BAP (r=-0.264, p=0.004) e il CTX (r=-0.201, p=0.02). Inoltre vi è un’associazione lineare significativa diretta tra la variazione dei livelli di FGF23 e quelli del PTH (r=0.290, p=0.002), ma non dei livelli di FGF23 con quelli della 25OHD (r=-0.121, p=0.195). È stata anche effettuata un’analisi in alcuni sottogruppi e non si è osservato alcuna differenza significativa di riduzione del PTH nei seguenti sottogruppi: maschi vs femmine, terzili di vitamina D basali, età maggiore o minore di 50 anni.
 
Il lavoro mostra chiaramente come vi sia una riduzione di alcuni markers del metabolismo osseo dopo somministrazione di colecalciferolo anche in pazienti con insufficienza renale di grado moderato-severo. Questo risultato peraltro è in linea con quanto pubblicato recentemente da altri Autori (2). Lo studio mostra inoltre come la somministrazione di colecalciferolo mediante boli da 600.000 UI non causi ipercalcemia nè acceleri/favorisca la riduzione del filtrato glomerulare. Infine, nonostante si osservi un lieve aumento della fosforemia, questo non si accompagna ad un aumento di FGF-23 benchè la valutazione sia stata effettuata dopo un periodo relativamente breve di osservazione (16 settimane).
 
Lo studio purtroppo non mostra dati sulla escrezione urinaria di calcio e sul riassorbimento tubulare dei fosfati. Questo potrebbe aiutarci a meglio comprendere cosa accade somministrando alte dosi di colecalciferolo. Se poi avessimo avuto informazioni sui livelli sierici di α-Klotho forse avremmo potuto meglio interpretare il comportamento di FGF-23. Altro elemento da tenere presente è il tipo di patologia ossea di cui sono affetti i pazienti al momento della somministrazione di colecalciferolo (. non conoscendo il dato istologico dalla biopsia ossea noi non sappiamo se ci troviamo di fronte ad una osteodistrofia ad alto o a basso turnover). Infatti se osserviamo i dati di turnover osseo (BAP, CTX), nei pazienti trattati con placebo, questi tendono a ridursi, benchè non in modo statisticamente significativo, a distanza di 16 settimane (rispettivamente -4.67 U/l, p=0.068 e -0.09 ng/mL, p=0.132).
 
In conclusione, lo studio mostra come la correzione del deficit di vitamina D con la supplementazione di colecalciferolo sia in grado di ridurre sia i livelli di PTH, sia i markers di turnover osseo. Purtroppo non abbiamo informazioni sugli effetti a lungo termine del trattamento con alte dosi di colecalciferolo sulla malattia renale. Infine non sappiamo se tali effetti possano essere influenzati dal tipo di osteodistrofia renale di cui il paziente è affetto.
 
BIBLIOGRAFIA:
1) Yadav AK, Kumar V, Kumar V, Banerjee D, Gupta KL, Jha V. The Effect of Vitamin D Supplementation on Bone Metabolic Markers in Chronic Kidney Disease. J Bone Miner Res. 2018 Mar;33(3):404-409. doi: 10.1002/jbmr.3314.
2) Westerberg PA, Sterner G, Ljunggren Ö, Isaksson E, Elvarson F, Dezfoolian H, Linde T. High doses of cholecalciferol alleviate the progression of hyperparathyroidism in patients with CKD Stages 3-4: results of a 12-week double-blind, randomized, controlled study. Nephrol Dial Transplant. 2018 Mar 1;33(3):466-471. doi: 10.1093/ndt/gfx059
 
Dott. Antonio Stefano Salcuni
Università degli studi di Cagliari, Dipartimento di Scienze Mediche “Mario Aresu”, UOC di Endocrinologia e Malattie Metaboliche




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